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il calore di una Slivovica

Pubblicato: ottobre 27, 2011 in Uncategorized
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Sul finire dell’estate serpeggiavano commenti, preoccupazione, soddisfazione…

Le prugne quest’anno sono dolcissime!
Sì ma sono poche!
Non importa, guarda come sono grosse, piene di zucchero.
Sarà un anno straordinario.

E via, nei week end, tutti indaffarati a raccogliere questi frutti violacei, e metterli a riposare, per un paio di mese.

Le donne preparano le marmellate, il pekmez, lo slatko, il kompot, che insieme ai cavoli e ai peperoni saranno le scorte per l’inverno. Un paese che si ferma, indistintamente che siamo in città o in campagna.
E’ tempo di usare i barattoli di vetro raccolti durante l’anno per fare il Kiselo cioè la conserva sotto aceto delle verdure, o appunto, i dolci, come le marmellate, alla ricerca dei sapori che durante l’inverno ricorderanno il colore dell’estate.

Ma sopratutto la prugna ha un ruolo fondamentale e trasversale nei Balcani. E’ l’indiscusso frutto per la tradizionale grappa locale, che molti di noi conoscono perchè non si può passare da qua senza aver bevuto una Slivovica.

In questo periodo, finalmente, la fermentazione è giunta al termine e si cuoce la grappa. Parte un processo semi-clandestino di distillazione, in grossi alambicchi di rame. Chi ha il proprio, lo mette a disposizione per chi invece ha solo raccolto le prugne. I fumi e i vapori della Rakja si spargono per le strade, e i fortunati o malcapitati che dir si voglia hanno il loro gran daffare a buttare legna, e girare girare girare la manovella per pressare le prugne e permettere il processo di distallazione.

Ci si ferma, ci si invita, ci si ritrova a cuocere grappa, nelle cantine, nelle strade.
E’ un processo gioioso, condiviso, di festa quasi.

Alcuni giorni fa, nell’altipiano sopra Martin Brod, a seguito di un incontro con la comunità locale per parlare dei progetti nella zona, siamo stati invitati a bere una grappa e a vederne la distillazione.

In una piccola taverna, l’alambicco caldo e i fumi dell’alcool ovunque. Seduti, in lenta attesa, quando ecco che dopo aver caricato abbondantemente di legna e prugne l’alambicco si sente un gorgoglio e la grappa, nettare divino da queste parti, che comincia a uscire.

Chi gira la manovella, chi carica altra legna, chi tasta i tubi di rame per sentir scorrere la grappa. Siamo tutti dietro a questo processo comunitario, mentre la donna di casa porta il pane cotto a legna e il formaggio fresco.
Si chiacchiera, si raccontano barzellette, e non  importa chi è il tuo vicino. I bicchieri girano di continuo, non si sa neanche più quale sia il proprio, brindisi a non finire, risate e senso di pace.

E infine, sfoderato il termometro, il padrone di casa e dell’alambicco, va a misurare i gradi della sua grappa.
Mi chiama e mi dice: guarda vedi, adesso è a 54 gradi, ancora un po’ la facciamo scendere e quando siamo a 50 è pronta, orgoglioso e con un gran sorriso.

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Se dovessi descrivere com’è la Bosnia in questa stagione, direi semplicemente: c’è odore di legna.

I più organizzati e con i soldi, hanno cominciato a comprare la legna già prima dell’estate, di modo da poterla spaccare e accantonare senza fretta, un ciocco alla volta. Altri invece si sono mossi nei mesi successivi, alla ricerca del prezzo migliore.
Non era raro negli ultimi mesi svegliarsi la mattina attorno alle 7 con i taglialegna già all’opera. Anzi, i segalegna, perchè di solito la legna arriva davanti alle case ancora sottoforma di tronco, e questo è il primo passaggio della filiera, quindi arrivano uno o due uomini con una macchina sgangherata  (di solito una golf arrugginita) che traina un carretto sul quale è appoggiata la temibile sema circolare da banco. Uno passa i tronchi all’altro che li sega per la lunghezza, e poi con l’accetta vengono fatti i ceppi che serviranno poi per le stufe .
Questo rumore ZZZZZ seguito da TOC TOC TOC fa capire che il temuto inverno balcanico bussa già alle porte. E queste pesanti stufe in ghisa saranno ciò che c’è di più accudito in casa durante l’inverno.
Svegliarsi, accendere il fuoco (le donne più esperte riescono a custodire la brace per tutta la notte per cui la mattina non bisogna indaffararsi troppo tra esche e diavolina), alimentarlo, cucinarci sopra, e pulire ovviamente dalla cenere in continuo per non far soffocare. Ecco, così passano le giornate invernali, stando dietro al fuoco. Un ricordo di tempi antichi, qualcosa di atavico, di primitivo, che sta in ognuno di noi. Il calore, la fiamma, la protezione.
E questo odore di legna che brucia, anche nelle città.
Questo odore uguale in tutta la Bosnia e in tutti i Balcani. In alcune parti è la legna, altrove il carbone, ma ovunque da adesso e sino ai prossimi lunghi e bui mesi, sarà ciò che rende uguale questo luogo, nonostante i confini che lo spezzettano. Il vento però, non ha bisogno del passaporto.

E la neve, di fatto, ha imbiancato Bihac già questa settimana, tre giorni fa. Siamo andati a letto una sera e ha cominciato a scendere densa e fitta, anche se il mattino dopo, già aveva smesso.
Adesso, ci aspettiamo quello che i vecchi amano presagire come uno degli inverni più lunghi e più freddi da 30 anni ad oggi.

E mi viene in mente la canzone dei CSI che riprendono un testo di Nedzad Maksumic, da toglierti il fiato da quanto è angosciante, nel testo e nella musica. http://www.youtube.com/watch?v=wKDN5MsQ_LM

Sommo anche questo ricordo, delle profezie dei vecchi ai tanti piccoli segnali che colgo, chiacchierando con la gente e leggendo le notizie.

Ci sono scontri alle partite di calcio, e non posso non pensare alla partita del 1991 Dinamo Zagabria – Stella Rossa Belgrado.

C’è crisi economica e non posso non pensare al dinaro che scivolava nell’abisso.

Non c’è un governo, in Bosnia, da un anno. E non posso non pensare all’instabilità politica.

La gente non ha lavoro, ma sopratutto, è quasi come se non avesse speranza in un miglioramento.

Come diceva una donna pochi giorni fa, parlando in generale della situazione e praticamente senza che nemmeno la conoscessimo, “ne mirise dobro”. Noi diremmo che c’è puzza di bruciato, che qualcosa sta per accadere.

Se le guerre nei balcani cominciano a primavera, come titola un bellissimo libro di Melita Richter, allora vedremo come festeggiare i vent’anni da allora, ora che la generazione che ha subito il conflitto di allora ha messo su abbastanza muscoli per tenere in mano un fucile e ha un pensiero fisso da vendicare e un futuro senza futuro davanti.

….Ma intanto che l’inverno copre tutto speriamo con una neve spessa e densa, occorre passare il tempo.

Bihac non offre molte alternative, ma io e il mio collega siamo diventati dei fanatici di ogni sport, in particolare della pallamano. I ragazzi del Bihac hanno una divisa rossonera e un portiere giallo e nero, e sono seguitissimi dalla gente del posto. Il palazzetto è freddo e scomodo, ma ci divertiamo un sacco, pur non capendo la maggior parte delle regole di questo sport.
Ogni tanto abbiamo seguito lo Jedinstvo che è la squadra di calcio di Bihac, che si difende nel suo campionato minore.

Per il resto, abbiamo esplorato le viscere della montagna, nella base sotteranea di Zeljava, di cui avevo già parlato un po’ di mesi fa. Per questo, però, c’è bisogno di un post con le foto che scriverò presto.

E  adesso, che è domenica sera e che fa freddo, è pronta la polenta e il pollo alla cacciatora.

Anche noi c’abbiamo il Mac…

Pubblicato: agosto 2, 2011 in Uncategorized
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e così anche in terra di bosnia, il mac donald’s ha messo la sua bandierina…

dopo anni e anni di tentativi di ottenere permessi e scegliere la migliore località possibile, ecco l’apertura in pompa magna del Mc cafè di Sarajevo, in Titova ulica….

l’accoglienza è stata ambigua, da una parte i giovani sono soddisfatti e felici di avere anche loro il Mc, perchè li fa sentire “parte di”….il magico mondo delle colline dorate è entrato nel baluardo della resistenza e dei cevapcici.

e perchè no, dai…. in fondo, e questa è la riflessione importante, non fa paura a nessuno.

e i sarajevesi e i bosniaci e i turisti continueranno ad amare i cevapcici e le pite, senza che nessuno ci perda niente.

benvenuto anche al Mc donald’s, benvenuto nella città della resistenza e anche della coesistenza, nonostante tutto.

un cevapo e un bic mac, in fondo, sono quasi cugini… anche se ovviamente il cevapo è quello migliore!

 

Una terra da scoprire

Pubblicato: luglio 6, 2011 in Uncategorized
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e rieccola tornata nella terra dei cevapi, dopo una pausa italica, e un rituffarsi nel progetto che mi ha tenuto senza fiato per qualche tempo.

oggi vi voglio parlare delle vostre vacanze.

eh sì, perchè vi sto per dare alcuni motivi per cui, val la pena venire in jugo!

1) il cibo. come dice il nome stesso del mio  blog, i cevapi, ma in generale la carne e per i vegetariani a metà le trote della una o il formaggio degli altipiani per le minoranze radicali, sono uno dei principali motivi per cui venire a fare un giro in bosnia. i prezzi bassi, il prodotto a Km 0, la freschezza di ciò che trovate nel piatto, non li trovate così facilmente da altre parti. ciò che da noi in italia è ricerca raffinata, qui è all’ordine del giorno. i pomodori sanno di pomodoro, le galline che stanno nei cortili vi offrono le loro ovette fresche e naturalmente vacche agnelli polli e pesci, prima di finire sulla griglia, hanno per lo più vissuto una vita da animali liberi.

sommato il fattore prodotto al fattore “kuharica” cioè la donna bosniaca che cucina di tutto di più e bene, ecco che il risultato è: domace jelo, cibo fatto in casa, col sapore dei ricordi di quando andavamo a pranzo dalla nonna in campagna.

2) l’alcool. altro che musulmani, qui siamo in un posto in cui bere è un rituale e una prassi. e torniamo al discorso prezzi! la birra costa 1 euro ed è fatto in piccoli stabilimenti, e poi ci sono mille tipi diversi di grappe! prugna, mela, pera, miele, ciliegie, corniolo (rarissima!), nocino…tutto fatto in casa! cisto (pulito), come dicono qua. niente mal di testa nemmeno dopo 30 grappe come alcuni di voi possono testimoniare.

3) la natura. predominanza suprema sul territorio, il verde, il blu. il cielo con le stelle cadenti, il silenzio della notte, il verde smeraldo del fiume una con le sue cascate e i suoi tesori nascosti che solo in canoa o facendo rafting potrete scoprire.

4) la cultura. secoli di convivenza asbrugica e ottomana, hanno plasmato un territorio ricco di castelli e città vecchie, in cui il moderno incontra il passato e si fonde.

5) cruciale e sopra di tutto: le gente. l’ospitalità sconfinata delle persone che vi aprono le porte delle loro case e ballano, ridono, cantano e si abbracciano e vi abbracciano. sentirsi parte tutti di questo stesso mondo.

ecco, quello che qui c’è, un piccolo tesoro nascosto tra le pieghe della burocrazia europea.

venite a scoprirlo, fintanto che ancora resistiamo.

e come consuetudine, qualche foto per convicervi (e per sputtanare chi è venuto da ste parti a trovarmi…e voi, cosa aspettate?).

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Majstori e Komšiluk

Pubblicato: aprile 30, 2011 in Uncategorized
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E’ un sabato (piovoso) nella terra dei cevapi, ma nella giornata di oggi son successo alcune cose (ok, non molto elettrizzanti, ma bihac non è la capitale della movida, per quella si deve andare a belgrado, per esempio).

In ordine di apparizione: è arrivato il mio collega nonchè vicino del piano di sopra! Completamente frappato da un viaggio di un giorno perchè coi mezzi sto buco di cxxo del mondo non lo si raggiunge mai! Autobus bihac zagreb (4  ore), treno espresso zagreb-venezia (8milionidiore) e poi qualche coincidenza per il resto del mondo…

Mentre lui si riprendeva a un certo punto è arrivato il mio logista nonchè pretendente marito Veljko con il suo amico Zlatan, un vero Majstor.
Ma che cos’è un Majstor? Il Majstor è una figura chiave nei balcani. E’ colui che tutto fa, e tutto può.
Per ogni cosa serve un Majstor, dal rifare le chiavi, al mettere su un palo (dopo ci arriviamo), al dipingere, al sarchiare, al spaccare la legna… insomma i Majstori muovono il mondo.
Bevono caffè e birra, fumano, sono alti e con la panzetta e guidano macchine mezze scassate (preferibilmente delle Golf prima generazione).
Parlano bofonchiando, sono sorridenti, gli manca qualche dente, a volte un dito o due e nel bagagliaio della loro auto hanno tutto (sempre che riescano ad aprirlo perchè le loro auto sono piene di cose, non vanno i finestrini, hanno tutte almeno 200.000 Km, sono diesel e hanno le portiere sfasciate).
Onore al Majstor Zlatan che è nato a Prizren ed è mezzosangue, con lui ci siamo salutati in albanese. Mi ha montato una splendida scaffalatura che domani (alla faccia del primo maggio) vedrò di verniciare.

Finito l’affare scaffale arriva spuzzettando e rombando un camion con un ruspino… la cavalleri! sono i tecnici della Telecom BH! I quali devono sostituire un palo per poi poter attaccare il filo del telefono… Evviva! Avremo la linea fissa!
Piccolo problemuccio……. mentre questi son lì che studiano la cosa, decidono che non scaveranno perchè forse salta la luce, c’è un canale che è stato scavale di fresco, sotto di sicuro ci son dei cavi che cos’è che cosa non è, morale chiamano il padrone di casa dicendogli di venire qua… il quale da Sarajevo gli fa una pernacchia.
I majstori confabulano, coinvolgono un paio di vicini e alla fine decidono di scavare…
Trepidante assisto alla scena per capire se salteranno per aria, ma niente, trovano il cavo, gli scavano a fianco e piantano in fianco al palo traballante non un nuovo palo ma un moncone di palo che sostiene il palo marcio…E se ne vanno… (quindi niente linea fissa).

Nel frattempo arriva una golfbordeauxconrimorchio e scendono 3 baldi giovani. Sono 3 Majstori che tagliano la legna dalla vicina: uno passa i tronchi a un altro che con una sega circolare e una sigaretta in bocca taglia a pezzi e infine il più sfigato si spacca la schiena con l’ascia facendo a pezzetti i pezzoni…

Colgo  l’occasione che aspettavo per presentarmi al vicinato (perchè mentre i Majstori lavorano io sono al piano di sotto, dove c’è l’ufficio, a fare la rivoluzione, sposto mobili e mobiletti e pianifico la nuova architettura di quello che sino ad ora era un mausoleo vuoto e scintillante. Ovviamente faccio tutto sto casino 10 minuti dopo che sono venute le donnine delle pulizie…).

Balzo di là dai tronchi e parlo con la signora che vive di fianco, la quale è tutta contenta di conoscermi e dice è un anno che siete qua e non ho mai conosciuto nessuno.
Da brava balcanica le dico che io sono arrivata da 7 giorni e che mi fa piacere conoscerla, e che è giusto che ci conosciamo e siamo “dobri prijatelji” (buoni amici) perchè è importante avere un buon “komsiluk” (vicinato).

Il komsiluk è tutto da ste parti, diciamocelo.

Il vicino è colui il quale può darti fuoco alla casa, oppure può vigilare su di essa, curandola con attenzione e segnalandoti qualunque cosa sospetta!

Nello scorso anno i nostri vicini ci han rubato una pala per la neve e della legna, io ora ho rimediato un invito per un caffè e la frase: per qualunque cosa, vieni qua, che ti aiuto io (così mia mamma è felice). La signora è tanto gentile, ha una voce musicale, da radio come quella di una donna che ho conosciuto in Argentina e che conduceva trasmissioni. Peccato solo il nome, non me lo ricordo, so che è un bisillabo e ci sono due A, ma le consonanti non le so proprio infilare… Con la scusa di presentarle il  mio collega cercherò di farmelo ridire.

Gli altri vicini invece guardano dalle finestre o dalla strada, ma sono un po’ più freddi, in fondo noi siamo stranieri e viviamo in castello azzurro di un bosniaco che dall’estero ha voluto far vedere al resto del mondo quanto sia ricco (indebitandosi probabilmente fino al midollo per costruire questa reggia… a proposito, domani faccio l’idromassaggio…).
Per questo forse ci hanno rubato la pala e la legna, in fondo noi rappresentiamo il benessere e per noi una pala non è niente. A mio avviso non hanno mica torto a vederci così.

Basta che lascino stare la mia Panda se no le case gliele brucio io…

E infine, per concludere in gloria il pomeriggio, siamo andati da veri capitalisti a fare la spesa al Tus che è un ipermercato con tante cose fighette, io e il kolega.
Abbiamo comprato delle cose inutili ovviamente e delle cose strane (tipo la Zozzarella, anzi Zottarella, cioè una mozzarella improbabile, o dei tortellini bolognesi…) e poi, per concludere e per fare onore alle tradizioni così che i vicini si rendano conto che siamo come loro, ho balcanizzato il balcone, comprando un tavolino e due sedie!
Così che passerò le mie ore libere seduta, fumando, bevendo caffè e guardando la strada, come una di loro!