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In questi lunghi e bui mesi invernali, non sono accadute grandi cose in questo angolo di mondo. Un po’ come se tutti andassero in letargo.

Oltre a spingere alla depressione più profonda, questo stato dell’arte permette di osservare più approfonditamente ciò che ti circonda, nascosto sotto la coltre di neve perenne e di riflettere.

C’è una domanda che mi imbarazza sempre, che mi fanno gli abitanti di qui. Com’è stare qua, ti piace?

La mia risposta standard e molto paraculata è: sai, io sono di Milano, è una città enorme, rispetto a Bihac, quindi per me è un posto un po’ piccolo che offre poche cose, ma la natura e la Una sono incredibilmente belle. Ora già il fatto che io sia una milanese fa capire che di base la natura non è che proprio proprio sia al centro dei miei pensieri quando sono in occidente. Mi interessa di più che la metropolitana arrivi e che si trovi parcheggio comodo in giro.

Cmq, se dovessi rispondere sinceramente alla domanda di cui sopra, la mia vera risposta sarebbe: questo posto è brutto. E le poche cose belle che avete, ve le siete sputtanate.

Da qui, parte la riflessione di questi lunghi mesi (anche se è qualcosa che percepisco sottopelle da anni, da quando frequento questo paese).

Com’è possibile che in questo luogo sia così difficile trovare qualcosa di bello?

Ora, capisco il gusto un po’ demodè nelle case, capisco magari la poca attenzione nei dettagli urbani. Capisco anche quando gli architetti fanno delle grandi caXXate e invece di fare una cosa semplice e sobria la impataccano di porcate che rendono il tutto solennemente kitsch.

Ma è che proprio qui si va oltre.

Brutto. Ecco.

Intanto, non c’è la salvaguardia di quelle che per il resto del mondo sono delle cose belle.

Fortezze, antiche chiese, monumenti, moschee….Intorno a quello che dovrebbe essere un patrimonio, o si costruiscono delle cose orrende, o peggio ancora, si lascia andare alla rovina o si vandalizza irrimediabilmente qualcosa che altrove sarebbe un’attrattiva anche turistica.

Il problema sta in una mancanza di estetica, da una parte. E di una mancanza di educazione, dall’altra.

Intendiamoci: non è che in Italia siamo tutti artisti ed esperti. Non facciamo di tutta l’erba un fascio.

Ma è come se qui mancasse la sensibilità al bello.

L’estetica.

Riprendendo l’origine del significato, “aesthetica” ha origine dalla parola greca αἴσθησις, che significa “sensazione”, e dal verbo αἰσθάνομαι, che significa “percepire attraverso la mediazione del senso”.

Ecco: i sensi qui sono offuscati, ottenebrati.

Senza voler scendere troppo in là nella disamina filosofica e psicologica, anche perché non è il mio mestiere, resto convinta del fatto che è come se qui, per via della guerra, della povertà e sotto un certo aspetto anche del governo socialista precedente, non ci sia una percezione condivisa del bello.

Questo dà un potere enorme ai selvaggi, che come ovunque popolano il creato.

Intendo dire: se una minoranza che sa apprezzare qualcosa di bello, non è in grado (per tanti motivi) di difendere questo bello, ci saranno sempre degli ignoranti che non capendo il bello, lo distruggeranno.

Facciamo degli esempi: quest’inverno sono arrivati i cigni. Questa è una cosa normale, nella valle della Una. Arrivano, stanno nei mesi invernali e poi ripartono.

La cosa buffa è che i cigni sono venuti nella palude che circonda casa mia. O meglio: il cantiere del grande centro commerciale Importanne, che mai verrà creato.

Il terreno venduto dal Comune è fradicio, pieno d’acqua. Questa era una zona di paludi, e il nome del quartiere significa porto. La dice lunga. Cmq, i volponi han fatto l’affare, l’Importanne ha cominciato a scavare, e nel giro di poco l’acqua ha sommerso il terreno. Creando un laghetto.

Nel laghetto sono arrivate prima le papere.

E quest’inverno i cigni.

Una coppia di cigni bianchi e poi altri 7 cigni, in una seconda ondata migratoria.

Non so come spiegarlo, ma è come se qualcosa di bello e puro fosse arrivato nel quartiere.

Tutti i giorni i bambini con i nonni, uomini e donne, un sacco di gente viene a portare da mangiare ai cigni (che penso non voleranno mai più via, perché pesano tonnellate).

Un pomeriggio dalla finestra vedo 4 ragazzini dodicenni, che invece di lanciare il pane, lanciano delle pietre, cercando di colpire le povere bestie.

Non è nella mia indole fare le scenate dalle finestre, ma stavolta non ce l’ho fatta. Mi sono messa a gridargli dietro a ‘sti piccoli teppisti deficienti, facendo la figura della pazza frustrata.

E ho pensato: che tristezza, che dei ragazzi così piccoli, invece di vedere il bello di questi animali e di questo “miracolo urbano”, non vedano che un modo per fare gli spacconi.

Tra le frasi che ho urlato c’è stata: SEI UGUALE A TUO PADRE!!!

Ovviamente non conosco il padre del ragazzo al quale ho detto di tutto, ma sono certa che sia un buzzurro, che fuma – beve birra – non lavora – schiavizza sua moglie.

Non contenti quelli del comune, invece che pensare a come valorizzare questo spazio, diventato improvvisamente un parchetto, hanno ben pensato di fare un canale di scolo per far defluire l’acqua. Il livello scende costantemente, penso che tra poco non ne resterà molta (in superficie) e i cigni e le papere voleranno via.

Facendo risprofondare il quartiere nella solita melma.

Altro esempio: nel mese di febbraio un artista locale, esperto in sculture con la neve, ha fatto un bellissimo dinosauro/alligatore, in una via del centro. Il lavoro è durato un sacco perché la bestia era lunga 4 metri circa! Ci sono passata con l’auto di fianco, la sera e mi ero ripromessa la mattina di andare a fotografarlo.

Senonchè, aprendo i portali locali, leggo che qualche genio ha distrutto la scultura nella notte.

E non con un calcio, ma andandoci contro con l’auto.

L’unica soddisfazione mi viene dal fatto che l’alligatore era costruito sopra dei grossa portafiori in cemento, contro il quali il pirla si è schiantato. Non so se ha sfasciato del tutto la macchina, ma sarebbe il minimo. E me lo immagino, il pirla che si pensa figo. Vede l’alligatore, pensa: eh eh adesso dimostro che sono un figo e lo distruggo. E BANG tira un centro con la macchina contro una fioriera di cemento armato. Peccato che non si sia rotto la testa.

Il tutto, però, non crea indignazione nelle persone. E’ normale. Questa bruttezza, questo stato di degrado, questa violenza, ecco… è normale.

Sottomissione.

Certo, i commenti piovono: è un cretino. E’ un selvaggio.

E finisce così.

Infine, per concludere con l’ultimo esempio drammatico della giornata: oggi pomeriggio vado a fare un giro coi cani nella solita stradina che costeggia la palude (ovvero il cantiere, ovvero il lago dei cigni). Vedo i cani che vanno attorno a qualcosa e cominciano ad annusarlo. All’inizio non capisco, poi mi avvicino e vedo un topone. Chiamo il mio collega e gli dico: ma ci sono le nutrie qui a Bihac!!! Poi rivedendolo meglio, mi accorgo che non assomiglia del tutto a una nutria, e sento della gente commentare con la parola Vidra ovvero: lontra. Poco distante dal corpo, una chiazza di sangue.

All’inizio pensavo fosse stato un cane, poi ho capito che è stata una macchina.

Passa un ragazzo in bicicletta e mi spiega la dinamica. La lontra è stata uccisa da una Jeep questa notte alle 2.

Uscendo dalla discoteca dietro lo stadio.

La cosa mi intristice. In fondo è un bell’animale e d’accordo, mangerà paperette e pesciolini, ma resta una bella bestia. Forse andava a caccia di cigni?

E mi immagino, dalla quantità di sangue sull’asfalto, che l’amico con la Jeep andasse veloce e non abbia nemmeno provato a evitarla.

Così come la maggior parte delle persone, in questo paese, non prova a evitare le migliaia di cani randagi che vivono nelle strade.

Per di più, su una strada bloccata al traffico, per via del cantiere.

A tal proposito… una domenica mattina ho assistito alla scena di un signore che attraversava questa strada (senza asfalto) in auto, e si è trovato di fronte al cancello in legno messo a chiusura del cantiere. Questo tizio era andato dritto sparato su una strada fangosa, con cartelli di divieto e si è pure arrabbiato perché nonostante ogni cosa lo facesse capire, a partire dai segnali stradali, la strada in fondo era chiusa. Ma… e qui emerge il genio: invece di tornare indietro e riconoscere la sua coglionaggine, ha preso dal bagagliaio – sempre lasciando il motore dell’auto acceso – martello e mazzuola, e ha scardinato il cancello in legno.

Secondo me ha anche pensato di aver fatto un favore a chi sarebbe passato di lì dopo di lui.

Tornando al ragazzo in bicicletta (che ha 35 anni, quindi non proprio un ragazzo) e alla povera lontra morta.

Ho commentato quel che vedevo dicendo: è una scena brutta, da vedere. Il sangue, la lontra morta.

Lui mi dice: Non è brutta. Io a vent’anni camminavo nel sangue e tra le persone morte. Questo non è brutto.

Questa frase, mi ha riportato al discorso della relatività (non la legge fisica che ho sempre avuto 3 in questa materia). Ogni cosa è relativa. Al momento, all’osservatore e alla sua storia, al contesto e alla cornice.

Ciò non toglie quel che scrivevo sopra.

La mancanza di indignazione e la mancanza del saper riconoscere il bello. Anche nelle cose più semplici e banali.

(c’è da aggiungere che quel povero ragazzo che qua a Bihac tutti conosciamo, ha anche seri problemi di droga e alcool. Chiacchierandoci mi ha anche detto: la guerra fisicamente non mi ha lasciato segni, ma psicologicamente….. e poi se n’è andato pedalando.)

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