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se fossi Ivo….

Pubblicato: giugno 27, 2012 in Uncategorized
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Se fossi Ivo Andrić mi starei rivoltando nella tomba. Ma visto che non sono lui, mi rivolto interiormente e mi arrovello.

Domani, Vidovdan, giorno di San Vito e celebre (nonchè celebrato) giorno della battaglia nella piana dei merli (stiamo parlando di un evento recente, il 1389) in cui l’esercito serbo venne sbaragliato da quello ottomano, ci sarà una bella cerimonia a Višegrad, cittadina della Bosnia orientale, che deve la sua fortuna a un ponte.

Il ponte, normalmente noto da queste parti come Most (che ci rimanda col pensiero a Mostar) in verità qui è più famoso come  Ćuprija, uno dei tanti turcismi che ci ricordano per l’appunto come dal 1389 in avanti, queste terre vennero abitate anche dal citato Impero ottomano, che portò alcune delle sue tradizioni e credenze nelle frastagliate lande balcaniche. Insieme alle usanze e alle pratiche amministrative, venne anche la religione, la lingua e usi e costumi. Nella religione islamica (ma non solo) l’acqua assume una forte valenza, fonte di vita ed energia, che va preservata. Alla morte degli uomini, una delle azioni più devote da fare per ricordare la memoria è quella di erigere per l’appunto una fontana. Così come nella Sarajevo dei caravanserragli e delle moschee, numerose erano le fontanelle pubbliche. E non scordiamo di citare il rito dell’abluzione prima della preghiera.

Insieme all’acqua, naturalmente, uno dei gesti più grandi che può compiere un uomo è quello di edificare un ponte.
Così abbiamo il celebre ponte di Mostar, quale esempio, ma anche l’altrettanto suggestivo e imponente ponte sulla Drina. Na Drini Ćuprija per l’appunto. Celebrato nel testo del premio nobel jugoslavo per la letteratura, Ivo Andrić (vogliasi notare, il primo, l’unico e dunque ultimo premio della Jugoslavia).

Nel celebre romanzo si narrano le vicende della cittadina di Višegrad (e possiamo dire dell’intera Bosnia Erzegovina) facendole ruotare attorno alla storia di questa struttura architettonica, del tempo che scorre e dell’acqua che passa sotto il ponte di cui ancora oggi sono ben conservate tutte le 11  arcate da attraversare per una lunghezza di quasi 180 metri, dal 2007 Patrimonio UNESCO.
Per sua fortuna, Ivo, che amava utilizzare una prosa ricca di dettagli (molti lettori sono rimasti inorriditi dalla vivida e realistica descrizione dell’impalamento) si ferma alla prima guerra mondiale, senza doverci narrare con dettagli vividi quello che è accaduto a Višegrad  durante l’ultimo conflitto.

Per chi ne ha memoria nella zona orientale si combattè furiosamente sin dal 1992 e chi conosce le mappe  sa bene che la Drina fa da confine con la Serbia (con la S maiuscola) e non lontano da qui ci sono altri posti tragicamente celebri, come Srebrenica, Žepa e Goradže. E’ in questa zona che ci fu la pulizia etnica più dura e i massacri più cruenti.

Dal ponte, durante gli anni della guerra, venivano buttati i corpi delle persone trucidate nella zona. Si racconta di come le pietre chiare  fossero diventate rosse dalla quantità di sangue. Si racconta di come il flusso incessante di cadaveri gettati nella Drina avesse quasi inceppato le turbine della diga a valle.
Nell’estate 2010, durante i lavori di ripulitura del bacino del lago artificiale Perućac, saltarono fuori le ossa delle vittime. I cadaveri che non venivano ripescati nella notte durante la guerra, finivano lungo il corso della Drina e buona parte di questi, superata una diga, trovavano riposo sul fondo del lago. Insieme a loro si unirono nel 1999 anche  resti di alcuni albanesi del Kosovo, trasportati in un camion frigorifero fino alla diga.
I lavori di pulizia dell’invaso quell’estate finirono in dieci giorni e i volontari che ripescavano i resti dei morti dovevano fare in fretta, prima che la diga venisse nuovamente riaperta. Tra dieci anni, forse, ci sarà il secondo round.

Oggi, i responsabili principali dei crimini commessi nella regione sono considerati  Milan e Sredoje Lukić, cugini che dopo la guerra scapparono il primo in Argentina, il secondo in Russia. Il dossier aperto su Milan era chiamato “dossier Lucifero” come cita la Del Ponte nel suo libro “La caccia”. Milan e i suoi scagnozzi, dopo aver già provato l’ebbrezza di uccidere 67 civili rinchiusi in una casa dando loro fuoco, esattamente vent’anni fa diedero nuovamente alle fiamme una casa con dentro 70 persone vive, nella località di Bikavac. Milan passava il suo tempo libero uccidendo indiscriminatamente e violentando donne nel famigerato ex hotel “Vilina Vlas” (per gli amanti dell’horror, oggi nello stesso edificio sorge un impianto termale/SPA – da centro di detenzione è diventato centro di riabilitazione. Del resto di fianco ad Auschwitz hanno aperto una discoteca, il tempo va avanti e i ricordi svaniscono).

Nel luglio del 2009 il tribunale dell’Aja condannò i cugini a 30 anni (Sredoje) e all’ergastolo (Milan).

Troppo cruento anche per un narratore come Andrić. La descrizione dei crimini commessi sul ponte la ritroviamo nelle testimonianze dei sopravvissuti e nelle opere degli scrittori contemporanei, come La storia del soldato che riparò il grammofono di Saša Stanišić.

Oggi i sopravvissuti si battono per i loro diritti, in particolare quello di poter ricordare i propri morti. L’associazione delle donne e dei sopravvissuti delle stragi nella regione di Višegrad si scontra con le istituzioni locali della Repubblica Serba di Bosnia, perchè vorrebbero mettere sul ponte una targa a memoria di ciò che è accaduto. Così come non più tardi di un mese fa hanno, in occasione della ricorrenza del ventennale del genocidio di Višegrad (la prima strage in Ulica pionirska), inaugurando un monumento alla memoria, dovuto sfidare i rappresentanti nazionalisti dei diversi partiti e i cittadini della loro città, che volevano loro impedire l’accesso al cimitero.

Oggi, anzi domani, cioè il giorno di San Vito, si festeggerà a Višegrad il grande cantiere in corso. Un noto musicista e regista delle scene internazionali, Emir Kusturica, ha dato il via a questa grande opera, la costruzione di Andrićgrad, una cittadina nella città, ispirata alle opere del noto scrittore. Con la benedizione dell’intera RS Kusturica sta raccogliendo in giro per tutta la Bosnia le antiche pietre con cui venivano erette le costruzioni, per essere più credibile nella sua opera di ricostruzione. In Erzegovina, in particolare, sta facendo un servizio alla comunità, liberando le campagne da quei brutti ruderi bruciati rimasti lì dati tempi della guerra e poi a sentir dire lui questi edifici ricordano anche l’oppressione austro-ungarica della quale è meglio dimenticare. Costruiamo dunque una piccola Disneyworld serba, e celebriamo le tappe fondamentali della sua edificazione. Se tutto procede come deve e se ci sono abbastanza ruderi da depredare, l’inaugurazione è prevista – che strana coincidenza – il 28 giugno 2014…

Sono solo io che mi ricordo cos’è successo il 28 giugno 1914 a Sarajevo?

Come dicevo, se fossi Ivo mi starei rivoltando nella tomba (con la fortuna – possiamo dire dopo aver letto del lago di Perućac – di avercela una tomba!).

E infine, tutto ciò che questa nostra vita esprime – pensieri, sforzi, sguardi, sorrisi, parole, sospiri – tutto tende verso altra sponda, come verso una meta, e solo con questa acquista il suo vero senso.
Tutto ci porta a superare qualcosa, a oltrepassare: il disordine, la morte, la assurdità.
Poiché tutto è passaggio, è un ponte le cui estremità si perdono nello infinito e al cui confronto tutti i ponti di questa terra sono solo giocattoli di bambini, pallidi simboli. Mentre la nostra speranza è su quella altra sponda.

(Ivo Andrić. I ponti – 1963)

Per approfondire:

il sito di AndricGrad: http://www.andricgrad.com/

un pezzo di Azra Nuhefendić sul massacro di Višegrad: http://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Il-mostro-della-porta-accanto

il booklet (e le pagine web) edito dall’associazione dei sopravvissuti di Višegrad: http://genocideinvisegrad.files.wordpress.com/2012/05/the-memory-remains.pdf

la galleria fotografica di Velija Hasanbegović, ai tempi delle stragi un ragazzino che sopravvisse nuotando nella Drina e che da adulto è diventato testimone fotografico dell’orrore del Lago Perućac: http://www.p-crc.org/multimedia/galleries/perucac.php