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delle distrazioni

Pubblicato: ottobre 4, 2011 in Uncategorized
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ok, è tantissimo che non scrivo.

chiedo scusa a chi si aspettava aggiornamenti freschi, ma qui siamo nel paese in cui niente accade, e tutto accade in fretta. prima dell’estate qua a bihac siamo stati indaffarati in ogni modo per capire come portare avanti le attività di progetto, mettendo sul fuoco tante stuzzicanti braciole (o cevapi?) a forma di idea, ma poi il caldo d’agosto, il caldo di settembre, il Bajram (cioè la fine del Ramadan), i volontari di TL (circa 40 persone in casa in due week end), gli ospiti (tra cui tornate e tornate di familiari), la programmazione, la crisi finanziaria che colpisce DRAMMATICAMENTE il lavoro delle ONG (mi chiedo: ma i militari all’estero verranno pagati regolarmente? quasi quasi mi metto in un altro settore) e tante altre cose, mi hanno impedito di mettere insieme i pensieri.

posso dire che il periodo estivo si è suddiviso tra “viaggi e avventure” come per esempio le meritate vacanze (tanto per non star lontana dai Balcani, sono andata a Rovigno/Rovinj) e i rafting organizzati alla garibaldina da Veljko, oppure le gite sul territorio quali per esempio un tre volte in Capitale, ma ancor di più il Bunker titoista a Konjic, tanto agognato da me e dal collega.
un’altra parte invece è stata dedicata ai pensieri, e alle parole.
le tante parole dette, scritte, sentite, le lettere di vario genere ricevute, le mail scambiate in più occasioni con amici balcanofili in italia a proposito per l’appunto di balcani (o meglio, di Jugo).

che dire, le parole più dense sono quelle ovviamente scambiate con la gente di qua.

sarà che stiamo per compiere vent’anni (intesi come: dall’inizio della guerra), fatto sta che in generale c’è un certo fermento nel gruppo dei vari jugofili che conosco, e mi spiace dirlo, da cui mi sento di prendere una certa distanza trovandomi qua.

è un po’ come se volessimo “festeggiare” qualcosa.  che io chiamerei l’inizio – della fine.

ogni giorno che passa qua, parlando con la gente del posto, è ovvio che si senta la guerra e ciò che c’è stato. non è possibile di fare un qualunque discorso in cui in qualche modo ciò che è stato non investa la narrazione.
ma la sensazione forte che ho è che, tra la gente normale, si voglia andare oltre.
invece, poi, mi ritrovo a confrontarmi con i volontari, con gli amici, i parenti, e vedo, percepisco, quanto sentiamo noi italiani questo bisogno fortissimo di vedere, toccare, sentire e /pretenziosamente/ capire la guerra.

la gente del posto ne avrebbe fatto volentieri a meno, sopratutto perchè il risultato ottenuto vent’anni dopo è pari a zero.

zero occupazione
zero democrazia (ma quello nemmeno da noi!)
zero stabilità politica
zero investimenti nell’istruzione (anzi!)
zero possibilità di libero pensiero
zero informazione
zero speranza (anche se si, la speranza è l’ultima a morire)

tutto questo pesa, ovviamente.

pesa nel confronto con chi viene qua da fuori, fresco fresco di università e pensa di sapere. pesa con chi è più vecchietto e si ricorda le immagini e ciò che è successo, e pensa di sapertelo raccontare (grazie!). pesa pesa pesa quando si parla andando in auto con i colleghi, sentirsi raccontare con estrema naturalezza e spontaneità ciò che si è vissuto, e ci si sente da una parte inadeguati, dall’altra parte “inclusi”. come se io potessi effettivamente sapere ciò che significa, pur non essendo stata sotto le bombe.

… ma così è la bosnia di oggi. lenta, gentile, caotica. una piccola vasca di pesci rossi (in omaggio a quelli dei mie nipoti) comprata da papà squalo a figlio piranha, per il compleanno.

in cui noi siamo gli squali, e i piranha tutti i simpatici vicini che costellano questa regione.

per il resto, l’autunno avanza, nonostante un caldo inaspettato. già da domani si aspetta la pioggia e le prime nevi a bassa quota.
i mesi estivi sono stati secchi, la Una è bassa e le cascate sono sgonfie, in attesa speriamo di qualche goccia, anche sulle foglie dei lamponeti.
il canto del muezzin è sempre più presto, a rincorrere questo sole che scende, velocemente, perchè siamo a Est.

nel Far East.

per gli amici jugonostalgici, ecco la famosa base militare D-0. il bunker sotterraneo a Konjic in grado di ospitare un’elite di puri titoisti, in caso di attacco atomico.
nei mesi da maggio a settembre la base ha ospitato la Biennale d’arte, con installazioni di vario genere in situ (evito di commentare l’arte contemporanea). oggi, per chi volesse visitare la base, esiste la possibilità di contattare con LARGO anticipo direttamente il ministero della difesa bosniaco.
per maggiori info: http://www.bijenale.ba/home


The Atomic War Command (Atomska ratna komanda – D-0 ARK) in the Bosnian town of Konjic was one of the largest underground facilities ever built in Socialist Federal Republic of Yugoslavia and one of the most massive construction projects in its history. ARK D-0 occupies 6,500 m2 spread out over 12 interconnected blocks. Dedicated to sheltering the Yugoslav Army headquarters along with 350 selected men and women in the event of nuclear war, this space was built over a period of almost three decades (from 1950s to 1970s) and cost billions of dollars. This complicated labyrinth boasts residential areas, conference rooms, offices, strategic planning rooms, and other work spaces. The existence of this bunker was kept secret until the 1990s, when the ARK was finally revealed.